Tenebre



Francesco Poli

exhibition images

Quello di Giordano Montorsi è uno strano mondo di oggetti - sculture - installazioni. I suoi sono lavori enigmatici, carichi di possibili valenze simboliche e suggestioni sacrali ma anche, allo stesso tempo, caratterizzati da un'ironia mentale che determina un positivo cortocircuito estetico. In altri termini, se da un lato c'è la presenza di una tensione a valori assoluti, primari, di vita e di morte, dall'altro lato il tutto si configura all'interno di improbabili, precarie e paradossali messe in scena plastiche. L'effetto di un'austera e silenziosa monumentalità si intreccia inestricabilmente a quello ludico (di genere, per così dire, dadaista concettuale).
Il fatto di non lavorare in uno studio, ma direttamente all'interno di un'officina in mezzo a macchinari di produzione industriale non è un dato irrilevante: è, in un certo senso, oltre a una precisa scelta di metodo operativa anche una dichiarazione di poetica.
In questo senso va considerata la recente mostra, molto significativa, di opere installate negli spazi di quella fabbrica: qui il suo lavoro artistico si poteva vedere accanto ai prodotti della lavorazione di lamiere destinati a un'utilizzazione pratica.
Da parte dell'artista si è trattato di esibire con divertita fierezza la sua identità di "operaio dell'arte", dotato di notevole capacità tecnico-artiginale, spiazzando intenzionalmente il senso sacrale delle sue sculture, sottolineandone la natura fisica di manufatti realizzati con veri materiali, in parte dell'officina stessa.
Nei lavori di Montorsi, dove prevale un'articolata elaborazione spaziale delle strutture di carattere costruttivo geometrico, hanno un'importanza cruciale i materiali utilizzati in combinazioni sempre significative con suggestioni antiche e riferimenti alla fredda architettonicità contemporanea. Insieme al ferro, (come lastre e strutture tubolare) entrano in gioco il rame, il piombo, il legno, il marmo e anche il catrame, la cera, il velluto e altro.
Si è parlato all'inizio di rimandi simbolici alla vita e alla morte.
Vari lavori in mostra sono esemplari in questo senso. "Uovo a dondolo", in ferro e marmo, appare come un monumento alla vita nella sua affascinante e tragica dimensione di precarietà. All'interno di uno scheletro ferreo a forma di piccolo obelisco è collocato in equilibrio, su una barretta, un uova di marmo bianco. Non c'è bisogno di ricordare il valore simbolico dell'uovo e neanche i riferimenti possibili alla storia dell'arte (da Piero della Francesca a Casorati, fino a Piero Manzoni). Ambiguamente, e ironicamente, collegato alla problematica della morte è "Orizzonte", un'altra struttura metallica, che sostiene con dei cavi di acciaio un cassa oblunga in legno catramato e cerato, con una fusione in piombo sul fondo. La cassa o "scrigno" è stretta, lungo (circa 180 cm.) e in posizione orizzontale. Una cassa ben curiosa, che assomiglia molto a una cassa da morto vuota, ma in situazione di equilibrio instabile, dondolante.
Un lavoro come questo non sembra avere un significato ben definito, ma è certo che mette in moto in chi guarda non poche problematiche supposizioni. Una struttura spoglia ma allo stesso tempo impregnata di senso: tutto il contrario, per intenderci di una scultura minimalista dove ogni possibile significato "profondo" è programmaticamente azzerato. Di effetto più teatrale è un'altra opera, apparentata alla precedente, che si intitola "La bella addormentata". Si tratta sempre di una struttura in ferro, con dei cavetti metallici che sostengono una lunga portantina in legno parzialmente coperta da un velluto nero decorato in oro, su questo funebre piano è posata (su un cuscino in legno) una rosa in seta nera col gambo costituito da un filo spinato arrugginito. La scena produce una notevole impressione emotiva legato a suggestioni del simbolismo letterario.
Ancora legato al tema della morte è un altro lavoro, "Tenebre" (che da il titolo alla mostra), connesso al fascino degli antichi sarcofagi. é una lastra di marmo nero assoluto su cui si trova incisa, in caratteri romani, la parola "Tenebre": un'operazione concettuale, dove la scritta ribadisce tautologicamente il connotato peculiare che caratterizza l'identità del materiale, alludendo allo stesso tempo alla dimensione dell'oltretomba. I riflessi di luce che provengono dai due angoli in rame, sono un efficace contrappunto cromatico che accentua la profondità anche simbolica del nero marmoreo. Più complessa e curiosa è una grande struttura-scultura che occupa lo spazio come un ponte sospeso o come una collana gigante. Questo lavoro, intitolato "Il bianco e il rosso", formato da due strutture in tubolare oblique che tengono sospesa una lunga "collana" sostituita da cinquanta bocce rosse e cinquanta bianche da biliardo (unite al centro da un pallino blu); ha una freschezza singolare. L'installazione è costituita un gioco di tensioni formali articolate contemporaneamente sulla freddezza costruttiva e sulla leggerezza ludica. L'immaginazione dello spettatore è stimolata senza indicazioni esplicite di senso, al di là dell'evidente problematica del rapporto di connessione contrapposizione fra gli opposti, interpretabile a tutti i livelli e in tutti i campi della realtà e dell'esistenza.
Il coinvolgimento spaziale dell'ambiente è un aspetto presente in tutti i lavori di Montorsi, ma diventa la caratteristica dominante nelle installazioni più ampie come "Testimone" e soprattutto come quella che coinvolge la sala delle colonne, la più bella degli ex Stalloni. La prima installazione presenta una serie di forme coniche affilate, incastrate una nell'altra e sospese verticalmente dal soffitto fino quasi a toccare la terra (e più precisamente una sfera in marmo grigio, bersaglio sfiorato, ma impossibile da colpire). L'altra installazione, la più impegnativa della mostra, è costituita da una sequenza di casse metalliche oblunghe che, a tre a tre, formano strane colonne sparse per la sala (in tutti venti colonne). Dentro a ciascuna cassa è appesa una bandiera diversa, di nazioni, club sportivi, associazioni varie ecc. é una sorta di bizzarra collezione di simboli iconici che rimandano a ogni tipo di valori, politici, sociali e culturali del mondo: la massima diversità possibile inquadrata all'interno di uno schema seriale di emblematica rigidità. Anche qui, il tutto può essere letto come un'iconica metafora sul senso della vita e della morte, della libertà e della costrizione, dell'uniformità e varietà dei valori e così via.
L'artista è sufficientemente soddisfatta di questa mostra. E ha ragione.

Francesco Poli
Agosto 1991